L’idea di Palestina tra geografia e narrativa
La parola “Palestina” è stata coniata dai romani per sostituirla al nome Giudea dopo la repressione delle Rivolte Ebraiche successive alla conquista romana.
“Palestina” è un termine che è stato in seguito usato per denominare l’area che oggi comprende Israele e i Territori sotto amministrazione dell’Autorità Palestinese.
Sotto il Mandato Britannico (1920-1948), la parola “Palestina” è stata reintrodotta per denominare l’area tra il fiume Giordano e il Mediterraneo, confinante con Siria, Libano, Transgiordania (oggi Giordania) e Egitto.
Dopo la fondazione dello Stato di Israele, la parola “Palestina” reca in sé l’idea nazionale del popolo palestinese, con le conseguenti richieste territoriali e nazionali.
Parlando di Palestina tra geografia e narrativa la parola "Palestina" è stata coniata dai romani per sostituirla al nome Giudea dopo la repressione delle Rivolte Ebraiche successive alla conquista romana. "Palestina" è un termine che è stato in seguito usato per denominare l'area che oggi comprende Israele e i Territori sotto amministrazione dell'Autorità Palestinese. Sotto il Mandato Britannico (1920-1948), la parola "Palestina" è stata reintrodotta per denominare l'area tra il fiume Giordano e il Mediterraneo, confinante con Siria, Libano, Transgiordania (oggi Giordania) e Egitto. Dopo la fondazione dello Stato di Israele, la parola "Palestina" reca in sé l'idea nazionale del popolo palestinese, con le conseguenti richieste territoriali e nazionali.
(Informazione Corretta, ottobre 2013)
A Gerusalemme scoperta un'iscrizione in ebraico antico di 2700 anni fa
Scavi archeologici condotti dalla Israel Antiquities Authority nell'area della sorgente Gihon, nella Città di David, all'interno del Parco Nazionale delle Mura che circonda la vecchia Gerusalemme, hanno portato alla luce uno strato di preziosi reperti che comprendono migliaia di frammenti di vasellame, lampade d'argilla e figurine. La cosa più interessante, informa un articolo pubblicato su Israele.net, è la scoperta di una ciotola in creta con un'iscrizione in ebraico antico parzialmente conservata. Benchè incompleta, l'iscrizione riporta il nome di un personaggio del VII secolo a.C. simile ad altri nomi a noi noti dalle testimonianze bibliche ed archeologiche, offrendoci un raro collegamento con la popolazione che viveva a Gerusalemme alla fine del periodo del Primo Tempio. Il nome più simile a quello dell'iscrizione è Zechariah (Zaccaria), figlio di Benaiah, padre del profeta Jahaziel. Il nome Zechariah figlio di Benaiah appare nel libro biblico delle 2 Cronache 20:14 dove si dice che Jahaziel, figlio di Zechariah, figlio di Benaiah, un levita dei figli di Asaf, profetizzava davanti al re biblico Giosafat prima che la nazione entrasse in guerra con gli antichi regni di Ammon e Moab. Gli archeologi della Israel Antiquity Authority, Joe Uziel e Nahshon Zanton, che hanno trovato la ciotola mentre scavavano tra le rovine collegate al periodo della distruzione del Primo Tempio, spiegano che le lettere inscritte sul frammento risalgono probabilmente ai secoli VIII-VII a.C., il che situerebbe la produzione della ciotola in un periodo tra il regno di Hezekiah (Ezechia) e la distruzione di Gerusalemme sotto il re Zedekiah (Zedechia). Gli archeologi spiegano inoltre che l'iscrizione era stata incisa sulla ciotola prima della cottura, il che indica che l'iscrizione adornava il bordo della ciotola per intero, e che non è stata scritta su un frammento dopo la rottura della ciotola. Benchè lo scopo dell'iscrizione sulla ciotola non sia chiaro, gli archeologi hanno ipotizzato che la ciotola possa aver contenuto un'offerta probabilmente fatta dall'individuo il cui nome è inciso, oppure a lui donata. La prima lettera dell'iscrizione parzialmente conservata sulla ciotola in antica scrittura ebraica è rotta e quindi difficile da leggere, ma sembra essere la lettera «r». Le successive lettere «yahu» costituiscono il suffisso teoforico (la componente in cui appare il nome della divinità come parte del nome proprio, come Yirme-yahu e Eli-yahu ecc.). Queste lettere sono seguite da «ben- figlio di» dopo di che compare il patronimico composto da tre lettere. Secondo gli archeologi Uziel e Zanton, «se consideriamo la possibilità che si tratti di una grafia non vocalizzata o difettiva del nome Benaiah, allora quello che abbiamo di fronte è il nome Ryhu ben Benaiah». Molti dei nomi propri menzionati nella Bibbia contengono la componente teoforica, come nel caso di questa iscrizione trovata nella Città di David. Oltre ai riferimenti biblici, altri esempi sono stati trovati negli scavi archeologici, scritti su una varietà di oggetti come sigilli, bullae, vasellame di terracotta e persino incisi nella roccia.
La notizia era già comparsa sulla stampa qualche mese fa. In questo articolo vengono fornite altre informazioni. (Il Messaggero, 20 ottobre 2013)