DIO C’E’ (Salmo 139 – Atti 17/24-28 – Matteo 18/20)
Viaggiando in auto per le nostre strade, capita spesso di incontrare, sulle travi che sostengono un cavalcavia o in altri luoghi più impensati, una strana scritta: “Dio c’è”.
Mi ha fatto sempre una certa impressione: prima di tutto perché non riesco a immaginare l’ignoto, e spesso acrobatico, autore di tali scritte e poi per l’esattezza biblica dell’affermazione.
La frase infatti non dice soltanto che Dio esiste, ma fa intendere che Dio è vicino, che è con noi.
Non molto tempo fa l’Albania era famosa per essere l’unica nazione che, nella propria Costituzione, affermava l’impegno dello Stato a condurre e a favorire la propaganda e la diffusione dell’ateismo.
“Non c’è Dio” ecco la differenza di pensiero.
Si trattano evidentemente di affermazioni per chi ha fede e per chi non c’è l’ha.
Se per la prima affermazione va dimostrata la presenza di Dio, voi credete che chi afferma il contrario, cioè che Dio non c’è o non esiste, lo dimostri sempre in qualche modo?
Mi è capitato di leggere recentemente che né Marx né i marxisti delle varie scuole hanno mai affrontato razionalmente il problema dell’esistenza di Dio.
L’ateismo da loro professato non era il risultato di una qualche dimostrazione o di ragionamenti dedotti da riflessioni o esperienze: era semplicemente un principio non dimostrato o non dimostrabile di base.
Dio non esiste perché non deve esistere !
Il rivoluzionario Bakunin così sintetizzava il suo pensiero: “Se Dio c’è, l’uomo è schiavo. Ma l’uomo deve essere libero, dunque Dio non esiste !”
Il loro ragionamento è semplice: l’uomo è abituato a proiettare le sue esigenze, le sue paure, le sue frustrazioni, in qualcosa di immaginario, di estraneo a lui, che chiamato “Dio”.
In tal modo la religione svuota l’uomo delle sue energie e lo spinge a cercare in cielo una salvezza che in tal modo evita di cercare sulla terra.
Questa teoria è oggigiorno riaffermata anche dal sistema di pensiero della New Age.
Quelli che tornano dall’Europa orientale dove queste teorie sono applicate, riferiscono con spavento che tutto là, è da ricostruire, a cominciare dall’uomo.
La caduta del comunismo e le teorie di Marx in settanta anni di tragica esperienza hanno dimostrato che non la religione ma la rivoluzione è stata, di fatto, oppio dei popoli.
E’ stato notato che con quel modo di pensare, cioè di non tenere conto di Dio, pochi sono stati i “geni” o le “personalità” che si sono distinte. Nessuna creazione artistica, letteraria, scientifica è nata. Se restano alcuni nomi sono quelli di dissidenti, di contestatori, di esuli.
Trent’anni fa, un noto settimanale americano sbalordì i lettori con la domanda: “Dio è morto?”
Alla pubblicazione di quel numero della rivista, infatti, Dio era già stato dichiarato ufficialmente “morto”, almeno in alcuni ambienti teologici.
Il Suo “decesso” fu riconosciuto e persino accolto con giubilo da molti studiosi, educatori e filosofi.
“Che liberazione!” essi dissero, sostenendo che il “Dio tradizionale” concepito dalle masse, non aveva fatto nulla di realmente valido per l’umanità, anzi le aveva invece inflitto molti danni.
La religione che in teoria lo doveva esaltare e rappresentarlo in modo ammirevole era divisa in varie teorie teologiche e incapace di fornire una spiegazione concreta dello scopo della vita.
Per molti intellettuali, questo Dio era stato finalmente posto nella tomba.
Dio era stato gradualmente sostituito dalle meraviglie di una era tecnologica in cui si era convinti che il genere umano sarebbe potuto diventare padrone del proprio destino.
La vita stava diventando molto più agevole e nuove scoperte scientifiche avevano portato alla realizzazione di prodigi tecnologici.
Malattie che per tanto tempo avevano afflitto l’umanità erano state finalmente dominate o eliminate, grazie all’impegno umano.
In questo nuovo mondo, dunque, non c’era praticamente più posto per Dio, perlomeno non così come era stato descritto dai teologi.
Era vero che gli esseri umani non avevano ancora imparato ad evitare la guerra, ma grazie ai progressi nel campo della scienza, della tecnica e dell’istruzione, non c’era alcun dubbio che sarebbe arrivato il giorno in cui un’umanità illuminata avrebbe goduto di una pace autonomamente realizzata.
Ma qualcosa non ha funzionato.
Le stesse scoperte scientifiche che promettevano un mondo di meraviglie portarono scienziati e intellettuali a concludere che l’essere umano non è altro che un insieme di processi biologici, chimici e fisiologici.
Secondo tale visione, quindi nessuno di noi è vincolato da una suprema legge morale, ma ognuno è libero di stabilire da sé in che cosa consiste il giusto comportamento morale ed etico.
I frutti di questo modo di pensare maturarono negli anni settanta la “rivoluzione sessuale” e “l’uso di droghe” e negli anni ottanta sfociò questo pensiero nel “materialismo”.
Ma in questi ultimi anni più di un pensatore è giunto alla conclusione che il laicismo non può risolvere i problemi dell’umanità: manca infatti qualcosa di essenziale.
I beni materiali non hanno assicurato la felicità.
Molti intellettuali hanno cominciato a cercare qualcosa di trascendente, qualcosa che riempia il “vuoto spirituale”.
Alcuni stanno persino cercando di riportare in vita proprio quel Dio che era stato dichiarato “morto” trent’anni fa.
Altri stanno sperimentando varie religioni nuove o “riscoperte”.
Al tempo dell’apostolo di Paolo c’era una civiltà che in Dio ci credeva, anzi credeva in diversi dei ma riconosceva uno in particolare e non sapeva dargli un nome proprio e lo nominò “al Dio sconosciuto”, e questo significava che era un Dio molto lontano da loro.
E’ la prima volta che troviamo l’evangelo di fronte all’arte o alla filosofia umana, ma in tutto questo c’è la presenza di Dio come sentinella a preservare l’uomo.
Una delle cose che caratterizzano l’uomo in maniera inequivocabile è senz’altro la necessità di soddisfare dei bisogni.
Perché possa vivere egli ha bisogno che accadano molte cose in suo favore.
Nasce in questo modo come conseguenza la necessità di affidarsi ad altri per soddisfare le proprie volontà.
Nessuna storia umana comincia col dire: “nel principio Stefano…” Ciascuno dipende da altri per la propria nascita. Ognuno vive i suoi primi anni d’esistenza nella più totale dipendenza nei confronti degli altri.
Per le funzioni più elementari necessita della più ampia assistenza. Ma anche quando è cresciuto e ha a sua disposizione la forza fisica, la capacità intellettiva e il vigore della volontà, ciò non è sufficiente per la sua vita.
Egli dipende dagli altri per tanti, tantissimi servizi, di cui non può fare a meno.
Ma anche quando si potesse ipotizzare che un certo uomo sia sufficiente, rimarrebbe da spiegare di chi sia l’aria che respira, la terra che calpesta e il sole che lo fa vivere.
Per quanto si possa spingere lontano il pensiero e la capacità di realizzazioni da parte dell’uomo, egli rimarrà sempre per eccellenza un uomo che non basta a se stesso.
Egli è obbligato a dire: “Per la grazia di Dio io sono quello che sono”. Nessuno può dire “io sono in ciò che sono”!
Salmo 102/24-27
La rivelazione di Dio si apre invece con una affermazione straordinaria: “In principio Dio”. C’era un tempo, se di tempo si può parlare, in cui Dio esisteva solo.
Non c’erano cieli, non c’era la terra, non c’erano angeli. Nulla, solo Dio.
Questo è il primo elemento che la Bibbia ci mette davanti per quanto riguarda Dio.
Egli ha una esistenza distinta da quella dell’uomo. Essa è assolutamente libera ed indipendente. Egli è da sempre autosufficiente.
La base della sua esistenza si trova in Lui stesso. Egli possiede in se stesso la ragione e la forza di esistere. E si ha l’impressione che persino la parola esistere sia un termine inadeguato per rendere ragione del modo in cui Dio è.
Giovanni 5/26: “come il Padre ha vita in se stesso, così ha dato anche al Figlio di aver vita in se stesso”
Quando si comincia a capire che Dio è il solo sufficiente, si comincia a capire perché la Bibbia sottolinei cosi fortemente che è necessario credere nel Signore solo, e perché il non credere in Lui sia talmente grave.
Si, perché fra tutti solo Dio può affidarsi sicuramente a se stesso. E il non credere in Lui è in realtà una perversione della fede che si manifesta nel riportare la propria fiducia nell’uomo mortale, anziché nel Dio vivente e vero.
Quando non si crede in Dio si afferma di credere o in noi stessi o in un’altra creatura.
La creatura è così considerata più degna di fede di Dio! Ciò è un offesa a Dio, ma anche un’assurda follia.
Uno degli attributi di Dio è la “onnipresenza”.
Onnipresenza vuol dire che Dio è ovunque presente. Nel Salmo 139/7-12 è detto che non v’è luogo della realtà in cui non si possa affermare “eccolo quivi”. L’eterno è presente nel soggiorno dei morti come pure nel cielo (8). Né l’estremità del mare, né le tenebre possono nascondere l’uomo dalla presenza di Dio. Per Dio non esiste limite spaziale, e anche là dove non v’è più la categoria dello spazio, là v’è Dio.
La Bibbia presenta numerosi episodi che testimoniano in favore di questa verità.
Dio era presente quando Acan nascondeva il frutto delle sue bramosie in mezzo alla sua tenda (Giosuè 7/10-26).
Quando Gheazi, il servo di Eliseo cercò di approfittare dei doni di Naaman, è detto che lo spirito di Eliseo non era assente (2 Re 5/26).
Né era sconosciuta a Pietro l’astuzia di Anania e Saffira (Atti 5).
C’è in tutta la Scrittura la forte convinzione della onnipresenza di Dio.
Ogni spazio è Suo. Se la natura dell’uomo è di esser in un luogo, la natura del Creatore è di essere ovunque.
La distanza esiste per noi uomini, ma non esiste per Dio. Per questo può promettere di essere “ovunque due o tre sono riuniti nel suo nome” Matteo 18/20.
La proibizione di fare immagini del 2° comandamento ha origine dal fatto che Dio è al di sopra dello spazio.
Ciò che è limitato nello spazio può essere osservato, ma Dio non può essere “fissato” in alcun luogo.
Egli non abita in templi fatti di mano di uomo dice Paolo nell’Aeropago di Atene (Atti 17/24).
E dopo aver costruito il tempio per la lode di Dio, Salomone prega dichiarando che Dio riempie il cielo e i “cieli dei cieli non possono contenerlo” (1°Re 8/27 e Isaia 66/1)
La terra è il “suo marciapiede” (Matteo 5/35), ma il suo trono è il cielo (Salmo 123/1 – 115/3).
Certo vi può essere un’onnipresenza qualitativamente diversa a seconda della comunione che esiste con Dio, ma Dio è pur sempre presente.
Se vi può essere una “vicinanza” o una “lontananza” da Dio, ciò dipende dal peccato dell’uomo.
La prima conseguenza che si può trarre da questo attributo, è che è impossibile sottrarsi alla presenza di Dio e vivere nell’ipocrisia.
Per questo è ridicolo l’atteggiamento di tante persone che seguendo l’esempio di Adamo ed Eva cercano di nascondersi dalla presenza di Dio. Vedi anche l’esempio di Giona.
“Guai a quelli che si ritraggono lungi dall’Eterno in luoghi profondi per nascondere i loro disegni, che fanno le opere loro nelle tenebre e dicono: Chi ci vede? Chi ci conosce? (Isaia 29/15)
“Sono io soltanto un Dio da vicino e non da lungi? Potrebbe uno nascondersi in luogo occulto si che io non lo veda? Non riempio io il cielo e la terra? (Geremia 23/23-24).
La presenza di Dio nelle creature è assai di più che un semplice atto di presenza. In certi uffici o enti ci sono persone che fanno “atto di presenza”. Questo vuol semplicemente dire che sono là, ma non fanno nulla. Sono dei parassiti della realtà. Ma la presenza di Dio è presenza attiva. Presenza di Dio è sinonimo di salvezza (Salmo 139/5).
A causa della sua eternità ed onnipresenza, Dio è e sarà sempre e ovunque a favore della creatura.
La Sua presenza trabocca ovunque. E allora non posso pensare che i valori di Dio debbono essere confessati nel mondo della cultura, in quello sociale, in quello politico, in quello familiare, in quello lavorativo, in quello giuridico.
Posso allora affidarmi a lui e confessare la Sua presenza in ogni sfera della realtà.
Mentre lo ringrazio per questa grandezza, posso anche chiedere perdono per avergli forse sottratto, in qualche caso, qualche spazio in questa realtà che è pur sempre Sua.
Allora posso confermare anch’io: “DIO C’E’ !”
di S.F. (Facebook)